lunedì 25 aprile 2016

Recensione a Sabbie mobili

Sabbie mobili, Catania come universo esistenziale

RECENSIONI
La vita travagliata dell'attrice Daniela Rocca e la memoria dei sogni coltivati nella propria città prima che il successo del cinema la portasse alla rovina, al centro della pièce tratta dal testo di Domenico Trischitta, con Guia Jelo nei panni della Rocca, in scena al Musco di Catania per la stagione dello Stabile


di Lorenzo Perrona

Che una prima teatrale sia vissuta come un evento di rilevanza cittadina è un buon segno, essendo da sempre il teatro un’esperienza collettiva che racconta l’identità di gruppo e i valori condivisi. E il pubblico catanese Daniela Rocca la ricorda. Ed apprezza che Sabbie mobili di Domenico Trischitta, produzione del Teatro Stabile di Catania in scena in questi giorni al teatro Musco, racconti le ragioni profonde di questa storia, triste e disturbante, lonirici dalla laconicità del ricordo e dalla cronaca del passato. Ma il testo di Domenico Trischitta è anche tanto di più, perché lo scrittore ha trovato in Daniela Rocca, e in Guia Jelo (l’attrice che aveva in mente scrivendo la piéce) una figura e un’interprete congeniali ai suoi temi più cari: Catania come universo esistenziale, e il successo come fragile destino che crolla una volta raggiunto l’apice – e i due temi sono intimamente legati nella figura della Rocca.
La regia di Massimiliano Perrotta coglie in pieno le intenzioni del testo ed offre uno spettacolo elegante e stringato, che gioca con scene di taglio cinematografico, sovrapposizioni temporali, slittamenti onirici (per cui sono fondamentali le luci di Franco Buzzanca).
Momenti di intensa poesia scenica sono gli sdoppiamenti del personaggio protagonista, la giovane, fresca e vitale (Roberta Andronico), interagito contemporaneamente dalla straordinaria presenza scenica di Guia Jelo che costruisce il personaggio maturo, sconfitto e ossessionato al tempo della malattia e del crollo, quasi un Re Lear femminile. Perché la messa a fuoco del femminile è un altro aspetto importante di Sabbie mobili. La ragazza catanese, la “maggiorata” che va a Roma a fare il cinema e viene stritolata dalla macchina che produce sogni di successo. La catanese condannata ad imbruttirsi e rappresentare il grottesco che voleva Germi. Ora possiamo dire (suggerisce Trischitta) che l’amore di Germi per Daniela fu distruttivo. Un Germi antagonista maschile (interpretato da un vigoroso Fulvio D’Angelo) che,distruggendo, si auto-distrugge.
Da sottolineare anche il personaggio dell’amica di Daniela (da giovane Lorenza Denaro) che non la abbandona nella sventura (Raniela Ragonese), e istituisce un significativo parallelo: la malattia di Daniela Rocca è la malattia di una città ferita al cuore, Catania. Nella grande scena finale, Guia Jelo interpreta magistralmente la protagonista ormai sola, chiusa nella sua stanza, inventando, attraverso la follia del personaggio, una potente metafora teatrale, l’attrice che offre, quasi in sacrificio, il proprio corpo al pubblico.
Completano lo spettacolo la scenografia di Giovanna Giorgianni, i costumi di Rosy Bellomia, le musiche di Matteo Musumeci.
Lo spettacolo era programmato al Musco di Catania fino al 21 aprile ma è stato sospeso dopo la seconda replica a causa dello sciopero dei dipendenti del Teatro Stabile di Catania.
SicilyMag. Pubblicato il 16 aprile 2016. Aggiornato il 20 aprile 2016
http://www.sicilymag.it/sabbie-mobili-catania-come-universo-esistenziale.htm