lunedì 27 novembre 2017

Monroy, Palermo



Il giorno dopo la bellissima serata in cui abbiamo presentato L'altro sé a Palermo, Beatrice Monroy mi ha raccontato con la chiarezza e la forza che le sono abituali come vede e cosa prova per la sua città.
La seconda tappa dei "luoghi della scrittura" - iniziati qui con Trischitta, Marzamemi.

sabato 25 novembre 2017

Vivian Maier e lo status dell'artista

New York, 10 settembre, 1955
© Vivian Maier/Maloof Collection, Courtesy Howard Greenberg Gallery, New York.


Visitando la mostra delle fotografie di Vivian Maier a Palazzo Ducale di Genova l'estate scorsa, mi ha colpito il suo status di artista inesistente in vita...
Qui sotto la breve recensione che ho scritto per "La Sicilia".


Vivian Maier, la fotografa ritrovata
è stata l'antesignana del selfie

E' stata proprio l'antesignana del selfie questa grande fotografa, Vivian Maier (1926-2009), che ha vissuto nell'anonimato, facendo la bambinaia per tutta la vita? Le sue foto sono ora apprezzate nel mondo, ma stavano chiuse in centinaia di scatoloni andati all'asta nel 2007 con lo sgombero per morosità del suo storage, scatoloni pieni di cianfrusaglie e pieni di stampe fotografiche, di rullini nemmeno sviluppati, oltre a libri articoli ritagli sulla fotografia, che sono il lavoro di una vita e che testimoniano una formazione da ostinata autodidatta. Da lì viene la sua maestria, che è anche consapevolezza del mezzo che usa. Su questo è necessario sapere di più, ricostruire la sua vita intellettuale per non cadere nell'idealizzazione dell'artista ingenuo e inconsapevole, o nella banalizzazione dell'artista eccentrico e patologico.

Sembra che per Vivian Maier catturare il flusso della gente in strada significhi far parte della vita, estraniandosene solo quell'attimo necessario per calcolare la composizione dell'immagine nello scatto fotografico. E subito far di nuovo parte di quel flusso vitale che non può che essere anonimo.

Che per lei fotografare sia stata necessità esistenziale, bisogno compulsivo, non fa che sollecitarci a capire meglio che cos'è davvero il gesto artistico e come lo si possa e debba trovare nella contemporaneità, perfino nel quotidiano. Dov'è l'artista da vivo, dov'è la sua opera? In che modo il suo impulso creativo è rilevante, come non condannarlo all'invisibilità?

Se i selfie sono l'affermazione di un presente infinito ed evanescente, gli autoritratti mai esposti di Vivian Maier incidono l'immagine dell'artista nella contemporaneità e fanno sì che la sua arte non sia mai “passato”.

"La Sicilia"
11-9-2017

Beatrice Monroy presenta L'altro sé


A Palermo con  Beatrice Monroy abbiamo parlato de L'altro sé e della possibilità di una diversa  lettura del Sud con i docenti convenuti nella sede dei Cobas Scuola.
Grazie a Carmelo Lucchesi per avere organizzato la serata e realizzato il video.

giovedì 10 agosto 2017

Librini d'estate


Esistono piccoli ma preziosi libri che d'estate riempiono le ore sospese della calura.
Ve ne segnalo due, di due scrittrici molto diverse fra loro, ma accomunate dall'appartenenza, solidissima o sconvolgente, al territorio siciliano. Voci che lasciano il segno, che mettono in questione, che offrono o evocano "significato".
Della città d'argilla di Maria Attanasio, apprezzata scrittrice e poeta che vive da sempre a Caltanissetta (96 pagine, Mesogea, Messina 2012) e Spiazzamenti di Silvana Tuccio, al suo esordio, che alla Sicilia ci arriva da una lontananza emotiva, lirica (56 pagine, 2017, http://www.lafeltrinelli.it/libri/silvana-tuccio/spiazzamenti/9788892326354).

"Al gesto del fotografo, con la testa dietro l'obiettivo coperta di un panno nero, nel grande e ventoso piano la vita si immobilizzò. [...]" (Maria Attanasio, Della città d'argilla)

"Arrivati a Ginostra, o almeno al pontile che permette di trasbordare dalla barchetta che ci ha portati fin lì, mi trovo davanti a una salita. [...]" (Silvana Tuccio, Spiazzamenti)

giovedì 6 luglio 2017

L'altro sé al Festival del Cinema di Frontiera di Marzamemi


Lunedì 24 luglio 2017 alle ore 17,30 presenterò il mio libro L'altro sé. Opposizioni letterarie dal Sud (Algra Editore) nella giornata inaugurale del Festival del Cinema di Frontiera, dedicata a Vitaliano Brancati.

http://www.algraeditore.it/index.php/saggistica/225/l-altro-se-opposizioni-letterarie-dal-sud-detail


domenica 14 maggio 2017

Qualche parola sul mio libro: L'altro sé, 3

                                                   foto Andrea Morucchio

Per capire quanto la letteratura non sia abbellimento ma sia un'importante forma di conoscenza, basta pensare alla letteratura come singolare rappresentazione del mondo. Ne ha parlato per primo Edward Said nel suo ormai classico Orientalismo (1978). Said ha spiegato che un'opera letteraria porta in sé dei concetti che presuppongono una visione del mondo. Gli scrittori intervengono su questi pre-concetti rafforzandoli o al contrario smentendoli, mostrandone la crisi. Nel mio libro (L'altro sé. Opposizioni letterarie dal Sud. Silone Levi Brancati Pasolini Sciascia, Algra Editore, Catania 2017) applico questa idea per analizzare le opere di alcuni narratori italiani del secolo scorso, individuando  nella divisione Nord / Sud un'idea portante nella cultura italiana.
Perché esiste questa divisione così forte e radicata? Che forme prende? Che significato ha? La risposta è complessa, ma deve partire dalla consapevolezza che quando si parla di Sud si fa riferimento a un centro (la centralità della cultura europea in seguito alla fase storica del colonialismo). La critica post-coloniale ha analizzato e decostruito questa centralità, definendola eurocentrismo. Tutto ciò che si discosta dalla norma eurocentrica, ecco che è Sud!
Di eurocentrismo ha scritto negli anni '90 Homi K. Bhabha, fornendo utili strumenti di analisi che utilizzo e discuto nella lettura degli autori italiani.

Vedi anche: 



domenica 30 aprile 2017

Qualche parola sul mio libro: L'altro sé, 2

Il mio libro, L'altro sé. Opposizioni letterarie dal Sud. Silone Levi Brancati Pasolini Sciascia (Algra Editore, Catania 2017), parla della scrittura e della lettura, e del significato che può avere oggi leggere e scrivere.

Non ne parla in astratto, ma nel concreto del lavoro di alcuni scrittori italiani del secolo scorso, perché per capire cosa siamo oggi bisogna capire cosa è successo ieri.

E nel mondo di ieri sono successe tante cose, molto complesse, da analizzare e interpretare – a questo servono le diverse discipline (scienze economia storia ecc.).

Ma la letteratura e la critica della letteratura servono? Se sì, a che cosa?

Partendo da questa domanda volutamente ingenua, cominciamo a renderci conto che forse troppo poco consideriamo oggi i motivi (che ci sono e sono importanti) per cui leggiamo una storia (o la scriviamo). Troppe cose sono date per scontate, sono acquisite e non ridiscusse, sono inquadrate in schemi che preferiamo non considerare.

Facciamo un esempio: i lettori appassionati (che ci sono anche in Italia, pur se in percentuale minore rispetto ad altri Paesi europei) che cosa apprezzano di un libro? Che cosa significa per loro “leggere”? Come si trasforma il significato di un libro attraverso le loro letture? Domande importanti, su cui sarà bello discutere negli incontri di presentazione del libro dei prossimi mesi con chi vorrà parteciparvi.

Propongo la mia valutazione: sento spesso, fra i lettori e anche fra gli addetti ai lavori, che l'apprezzamento di un libro si basa su criteri come “Cultura” e “Bellezza”, e provo grande insoddisfazione. Perché è troppo semplice, e perché c'è in ballo tanto di più. C'è la “realtà rappresentata”, come ha scritto Auerbach nel suo fondamentale Mimesis. I modi in cui ci rappresentiamo il mondo. La letteratura è fatta di modi di rappresentarsi il mondo. E la critica letteraria deve proporre gli strumenti per leggere questi modi di rappresentazione.

Il mio libro propone quindi una critica della rappresentazione letteraria come momento conoscitivo del nostro mondo.

La letteratura non è un “abbellimento”, la letteratura è conoscenza.


sabato 29 aprile 2017

recensione: Glam City al Piscator di Catania


L'anteprima nazionale andata in scena ieri sera al teatro Piscator di Catania è uno spettacolo sorprendente e di assoluto rilievo: Glam City, tratto dal romanzo omonimo di Domenico Trischitta per la regia di Nicola Alberto Orofino, è una prova d'attore generosa e sapiente. Silvio Laviano interpreta Gerry Garozzo, il ragazzo catanese che vuole esprimere la sua diversità sessuale e, attraverso di essa, la sua “libertà” con la musica e il look, così come nella contemporanea swinging London facevano con clamoroso successo Marc Bolan e David Bowie.
Laviano dà letteralmente corpo a tutta una città, la tragica e comica Catania, concentrato di energia vitale e vulcanica, sensuale e brutale, trasformando il suo corpo mascolino in una galleria di figure – la mamma di Gerry, Peppe Pernacchia, le travestite e transessuali di via delle Finanze, il poliziotto fascistoide, lo stesso Bolan, mito musicale di Gerry – con semplici oggetti di scena (un paio di scarpe, parrucche, occhiali, un pantalone scampanato o un vestito femminile). Il personaggio ci mostra un modo di essere, e ce lo fa capire, nella sua umanità sincera e scabrosa. Non si tratta di facili soluzioni in stile drag queen. La plastica nera che riveste il palcoscenico (come lava e come sacco da spazzatura) diventa altro, mare che circonda e isola la piccola pedana dove tutto avviene nel tempo dello spettacolo. In una parola, teatro che sa dare al pubblico forti emozioni e illuminazioni intellettuali. Per esempio l'idea – in controtendenza rispetto a tutti gli stereotipi – di una Catania nera di lava, di mafia e di fascismo, e nello stesso tempo generatrice di una straordinaria gioia di vivere attraverso il bisogno di eccesso, di musica, di effimero.

(Lorenzo Perrona)


GLAM CITY
28_29_30 Aprile 2017
Teatro Erwin Piscator (CT)

dall' omonimo romanzo di Domenico Trischitta (ed. Avagliano)
con Silvio Laviano
Regia di Nicola Alberto Orofino
Scene e Costumi Vincenzo la Mendola
Progetto Fotografico Gianluigi Primaverile
Assistente alla Regia Gabriella Caltabiano
Progetto Grafico Maria Grazia Marano

martedì 25 aprile 2017

Qualche parola sul mio libro: L'altro sé, 1


Inizio oggi una serie di post per parlare del mio libro che è disponibile da marzo nelle librerie. Si tratta di un saggio di critica letteraria sulla narrativa italiana del Novecento, intitolato L'altro sé. Opposizioni letterarie dal Sud. Silone Levi Brancati Pasolini Sciascia. E' pubblicato da un giovane e dinamico editore catanese, Alfio Grasso (Algra Editore). Gli sono grato perché ha visto nel mio lavoro un contributo al suo progetto editoriale, il che vuol dire che il libro comincia a camminare sulle sue gambe.

Questo strano oggetto che è il libro è certo frutto del lavoro dell'autore, ma ha anche dentro di sé influenze e relazioni determinanti. Per questo tengo a ringraziare le persone che mi hanno concesso attenzione e hanno condiviso il mio lavoro.

Cominciando dall'ideazione: l'idea di studiare, in una prospettiva non eurocentrica, come nella letteratura italiana abbia funzionato la rappresentazione dell'identità (un'identità scissa in Nord e Sud) è stata accolta da Jean-Jacques Marchand nel suo ultimo anno di attività come ordinario di Letteratura italiana all'Università di Losanna. Ho trovato in lui un interlocutore cortese e partecipe, comunanza di idee e sensibilità, una guida sicura che mi ha aiutato a non perdere di vista i miei obiettivi,

Raffaella Castagnola, profonda conoscitrice del Novecento italiano, autrice, tra le altre cose, di saggi dedicati a Silone, ha seguito e orientato la mia ricerca accompagnandola fino alla conclusione del dottorato presso la Section d'Italien dell'Unil, ed ora scrivendo la Prefazione al libro.

Per la copertina ho scelto l'immagine fra i lavori dell'artista e fotografo veneziano Andrea Morucchio, che incontrai anni fa nella campagna siciliana. L'immagine presenta visivamente l'idea di contrapposizione e di lotta, in un'interpretazione contemporanea di forme classiche.

Il libro è frutto di questi incontri con persone diverse e interessanti, di traiettorie che mi hanno portato di volta in volta verso Sud, fuori dell'Italia, di nuovo nella mia città natale, dentro e fuori l'università.

Nei prossimi post racconterò qualcosa dei motivi che hanno sostenuto il mio lavoro di ricerca e che, nel mio libro, sono elementi di originalità e novità.

domenica 23 aprile 2017

recensione: Riva occidentale di Massimiliano Perrotta



La rotondità dei versi di Perrotta al debutto

Riva occidentale (Sikeliana, Mineo CT, 2017, pp. 48, 6 €) è titolo della prima prova poetica di Massimiliano Perrotta, apprezzato drammaturgo e regista che opera fra Catania (sua città natale) e Roma. E della parola scenica, queste poesie sembra abbiano assorbito la rotondità, la solidità, dentro una lingua poetica che recupera, dalle esperienze novecentesche, in particolare la lezione montaliana: l'amalgama dei diversi livelli stilistici ed esperienziali nonché, sapientemente, il verso con le sue tradizionali strumentazioni.
L'io lirico si addentra in un senso di dismissione, che è inquietante come i “ruderi di questo luna park” (p. 8) ancora assurdamente aperto; lo percorre stazionando di fronte alle imperterrite attrazioni, la “pattinatrice di ghiaccio”, la “strega”, le “ragazze diavolette”, il “reuccio scoronato”, il “corteo degli inserzionisti” (pp. 7-8); perplesso, si ritrae dalla “tecnotrance che induce a svanire” (p. 36), a cui sarebbe facile accondiscendere, e divaga in un erotismo giocoso e demistificante (p. 35). Resta in attesa, di fronte al mare e a un tramonto che è decadenza, implosione, occidente. La catastrofe incombe, eppure la poesia rileva la presenza di indizi criptici: i “tuoi occhi di velluto”, che sono “spia del messaggio” (p. 28); o il “sentiero”, che l'“angelo baffuto” addita (p. 12).

“La Sicilia”, 23-4-2017

giovedì 2 marzo 2017

recensione: Le lunghe notti di Domenico Trischitta





Su "La Sicilia" di oggi la mia recensione al nuovo libro di Trischitta.


Del marinaio e del prete, ecco la città notturna di Trischitta

Le lunghe notti di Domenico Trischitta (Avagliano, 2016, 152 pp., 14 €) è un libro di cuore e di pensiero, come lo sono i libri importanti, perché il suo narrare ci porta ad interpretare il mondo secondo una chiave di lettura inedita, in controtendenza. Immersi come siamo in un discorso pubblico che parla ossessivamente della diversità minacciosa di persone o gruppi – stranieri o migranti che siano – nelle lunghe notti di Trischitta le figure di alterità e di devianza ci appartengono, siamo noi.
Addentrarsi nella città notturna, preferibilmente nel suo ventre molle, il centro storico dove si annidano le consuetudini più ineluttabili e inconfessabili, dove le esistenze di persone comuni si intrecciano ma non si incontrano: “Del camionista”, “Della puttana”, “Del prete”, “Del marinaio”, “Di Cettina”, “Dell'assassino”... Essere nella pelle di un piccolo mafioso omicida, percorrere la sua vita squallida e banale – così come è banale il male – dove l'orrore non diventa neppure tragedia. Gente sballata, turbolenta, gente persa. Di solito di notte la evitiamo, ne abbiamo paura, ma di giorno siamo accanto a loro alla cassa dei supermercati, all'ufficio postale, davanti a scuola a prendere figlioli. Appena ci soffermiamo, inavvertitamente o incautamente, ecco che ci è facile capire il flusso dei loro pensieri. Li riconosciamo, sono così vicini ai nostri… Forse sono i nostri.
Anche in questo libro di Trischitta, scrittore visceralmente catanese, si riconosce Catania, così come in Una raggiante Catania, 1999, Glam City. Una Catania che non è da meno rispetto alla Los Angeles di Robert Altman, come scoprirà il lettore attento di Le lunghe notti.
Ma queste “storie”, che farebbero gola a qualsiasi redazione di reality televisivo per la loro sintesi pungente e disturbante, sono incastonate in una struttura letteraria esibita fin dai titoli (con il latinismo del complemento di argomento: “Del camionista” ecc.). Una ricerca di scrittura che ci sbalza ad un altro livello conoscitivo – “destino”, “casualità”, “morte” – e che ci conduce verso un'altra realtà, la realtà delle illuminazioni, delle epifanie. (Ed ecco allora che avanzano in schiera i numi tutelari, Céline, Brancati, Berto, Tondelli…).
E fra tutti i personaggi devianti e inquieti, proprio fra la pornostar e il viaggiatore, Trischitta, candido e maledetto, ci mette “lo scrittore”. Lo scrittore che di giorno vorrebbe “immortalare una generazione”, la sua, quella degli anni '80 di cui vagheggia le mitologie pop, e di notte anela alla fatidica risposta di un editore, e affronta sgomento il vuoto che i grandi scrittori del passato hanno saputo riempire. Perché, ci dice Trischitta, lo scrittore è necessario. Non solo perché scrive, ci mette le sue parole, ma anche perché vive, ci mette pasolinianamente il suo corpo.
Quindi le parole e il corpo dello scrittore sono il significante di quelle esistenze scabrose e brutali in cui vitalità e mortuario si mescolano e ci intossicano. E' lui che le fa diventare voci monologanti, e nell'oggettivazione della narrazione, quando diventano storia e scrittura, quello è il momento del distacco in qualche modo salvifico. La narrazione riscatta l'inferno in vita, non in senso consolatorio o moralistico, ma con un gesto etico di consapevolezza, il solo che permetta di scrollarci di dosso la morte e l'inconsapevolezza. Se quella vita è finita così, anche la morte è compiuta e ce la possiamo lasciare finalmente alle spalle.


Lorenzo Perrona

"La Sicilia" 2-3-2017, p.18

lunedì 27 febbraio 2017

Domenico Trischitta alla Casa del Libro di Ortigia

                                                                                                                          (foto Diorama online)

Alla Casa del Libro di Ortigia presentando, con Mariolina Lo Bello, il nuovo libro di Domenico Trischitta Le lunghe notti (Avagliano Editore).