martedì 1 febbraio 2022

Pasolini fotografato. La gioventù sfavillante e la maturità luttuosa


Per le strade di Genova, i manifesti della mostra fotografica su Pasolini (Non mi lascio commuovere dalle fotografie, Palazzo Ducale, fino al 13 marzo 2022) colpiscono il passante perché i Pasolini ritratti sono due: il bel giovane elegante dal volto fresco, dal glamour dolcevita (che oggi piace tanto); e l'uomo maturo dal volto scavato, ligneo, torvo, che pur essendo un vip, un influente intellettuale, editorialista del “Corriere della Sera”, artista di successo, nei grigi anni ’70 (ma i colori furono molti di più) sarà trovato al Lido di Ostia orrendamente massacrato.

Il prologo all'ingresso del percorso della mostra, dedicato ai funerali e al generale cordoglio in morte di Pasolini, è significativo di questa lettura, che sbilancia però il discorso verso un'inevitabile tragicità luttuosa della figura pasoliniana e di tutto ciò che gli ruota intorno, idee, opere, vissuto, emblema di una lotta intellettuale e artistica, tanto coerente e lucida da risultare insostenibile per la media della società italiana.

Invece Pasolini ha espresso, anche e prima di tutto, un’esistenza vitale e gioiosa. Certo, una gioia complicata da tutto ciò su cui lui stesso si macerava: il suo essere borghese, il suo senso di appartenenza, la sessualità, e anche certi retaggi idealistico-decadenti comuni peraltro alla sua generazione. 

Le foto degli anni ’50 e ’60 illustrano bene questo aspetto del giovane borghese che si presenta al mondo nel suo status di intellettuale portatore di un valore distintivo: insegnare, scrivere, fare letteratura. Per questo la "posa", che caratterizza molte fotografie di questa fase, lo rappresenta culturalmente e esteticamente (come nelle fotografie in costume da bagno sul lungotevere scattate da Gabriella Drudi - che potrebbero essere tra l'altro puntuale illustrazione di un racconto come La bibita, ormai inserito in diverse antologie scolastiche). 

Anche le foto di reportage ci restituiscono immagini di una élite culturale solida e paga della propria opera e del proprio ruolo (come quella del gruppo di artisti-intellettuali al Lido di Venezia sui gradini dell’Excelsior con Moravia in primo piano, semisdraiato, in sandali estivi, intento ad annusare un fiore che ha appena colto; e Pasolini nel gruppo in secondo piano).

La mostra, che è organizzata in sezioni tematiche, conferma alcune ben note dimensioni pasoliniane, con gli sfondi dei cantieri edili nelle campagne circostanti l'Urbe, con i ragazzi di borgata, con i campetti di calcio. E poi tante foto di Pasolini in mezzo alla gente (nucleo poetico di Comizi d'amore). Gli incontri mondani, pubblici o anche privati (a pranzo con l'amico/antagonista Italo Calvino). I set cinematografici. E le donne: naturalmente la madre (con la famosa poesia, anch'essa antologizzata nelle scuole), Elsa Morante, la protettiva e possessiva Laura Betti, l’amicizia con Maria Callas, la furente accusa di misoginia da parte di Oriana Fallaci.

Il titolo della mostra, Non mi lascio commuovere dalle fotografie (che è una bella litòte), afferma negando l'intensità con cui Pasolini concepiva il valore delle immagini: la fotografia è “commovente” perché smuove,  produce un movimento; è una proposta nonché una manipolazione significante della realtà, in funzione di una visione tesa a comunicare una presenza. In ultima analisi la presenza del corpo, del corpo dell'artista.

Per questo motivo, è strano che la mostra ometta un tassello importante della parabola umana e poetica di Pasolini: le foto di Dino Pedriali realizzate nella casa di Chia pochi giorni prima dell'assassinio. Le foto sono estremamente significative perché avrebbero dovuto entrare in qualche modo in Petrolio, il romanzo rimasto incompiuto sulla corruzione in Italia e sull'Eni. E sono sconvolgenti perché con esse Pasolini dischiude allo sguardo pubblico il suo intimo (la casa tanto desiderata, la nudità del suo corpo), facendo confliggere la “posa” e lo scatto rubato, quasi riducendosi a oggetto di voyeurismo e mettendo così in gioco, ancora scandalosamente, le convenzioni. 

Proporre queste foto a sigillo della bella mostra sarebbe stato utile alla conoscenza dell’ultima opera pasoliniana, che tanto dovrebbe parlare all’Italia contemporanea. E soprattutto avrebbe colto e sottolineato l’aspetto radicale e critico che Pasolini ha sempre voluto dare ai suoi gesti esistenziali e artistici. La loro esclusione, invece, rischia di risuonare come una consapevole o inconsapevole normalizzazione, per restituire un'immagine pacificata e rassicurante, dopo la catarsi luttuosa, di un "classico" da consegnare alle celebrazioni di questo 2022, suo centenario della nascita.

1-2-2022.