Nel suo nuovo romanzo Glam City
(Avagliano, 2014),
DomenicoTrischitta lega insieme temi diversi, che si illuminano uno
con l'altro. Il primo è certamente Catania città magmatica e
maledetta (e ne vedremo i motivi). Il secondo è la sessualità come
dimensione corporea della libertà (un tema a ben vedere
profondamente brancatiano).
L'idea originalissima di Trischitta è
ripensare agli anni '70, creare il personaggio di un ragazzo gay con
un talento artistico di cantante e performer, e farlo agire in un
ambiente che non lo favorisce, anzi gli si rivela ostile, mentre
contemporaneamente nella swinging London proprio i nuovi movimenti
creativi e artistici avevano modo di svilupparsi.
Ecco quindi il parallelo con Mark Bolan
e il glam rock, un mondo dove le cose belle, nuove, alternative
succedono e sono vere; nella Catania maledetta le stesse cose muoiono
e sono finte. Gerry è fratello spirituale di Bolan, ma in Italia
Renato Zero diluirà la sua carica innovativa in un sentimentalismo
malinconico.
Invece, di Marc Bolan è importante
andarsi a vedere le clip su youtube: per capire che cos'era il suo
estro creativo e la sua arte di performer. Perché questo sta alla
base dell'intuizione di Trischitta: l'idea di una città musicale e
pop – idea già presente in Una raggiante Catania. Bolan fu
un artista che seppe esprimere con nitidezza una carica vitale,
sessuale, colorata, sfolgorante. Le stesse cose che un catanese di
genio come Gerry Garozzo sente di poter esprimere, perché consuonano
con il suo sentire isolano fatto di pathos, di colori, di eccesso. Ma
Gerry è destinato alla sconfitta più desolante: perché invece di
fare glam rock finisce per essere incastrato nelle Mina-Vanoni-Pravo
dell'immaginario gay; perché a Catania a essere eccentrici si era
insultati per strada; perché a Catania durante il fascismo gli
omosessuali venivano mandati al confino; perché a Catania il sesso
aveva il suo ghetto degradato in via delle Finanze, e questo solo
sarebbe stato lo spazio destinato a Gerry. E poi perché a Catania si
moriva per strada. Perché a Catania il potere era criminale...
Ma Trischitta ci dice anche un'altra
cosa: la Glam City che è stata Catania poteva essere terra di
felicità e creatività. Gerry Garozzo vuole persino fare la
“rivoluzione”, e la assapora negli anni del glam: la libertà di
attraversare in tacchi alti, vestiti appariscenti e trucco androgino
le strade “bene” di Catania; la libertà di cantare e di
rappresentare la propria sessualità diversa; la libertà di amare.
Rivoluzione era uscire dal ghetto e poter esprimere “nella società
civile” la propria diversità.
E allora viene in mente un altro
“rivoluzionario” che aleggia in questi giorni nelle sale
cinematografiche, quel giovane favoloso di Mario Martone che
anela a una rivoluzione del sentire, una rivoluzione del pensiero,
uno spazio per il pensiero non conforme.
Dovremmo dunque concludere che in
Italia gli esiti delle rivoluzioni sono solo sconfitte e
impossibilità? Non è proprio così. Proprio il “cuore infartuato”
che è San Berillo per Catania, questo luogo totale di sradicamento,
di spossessamento, sta a significare che solo nella marginalità
persiste il senso delle cose. E a recuperare il senso delle cose
serve che la letteratura racconti e faccia capire questa marginalità,
queste storie diverse, per rompere il silenzio o (che è lo stesso)
il frastuono del conformismo.
Lorenzo Perrona
Nessun commento:
Posta un commento