mercoledì 3 dicembre 2014

Recensione: Glam City di Domenico Trischitta

Nel suo nuovo romanzo Glam City (Avagliano, 2014), DomenicoTrischitta lega insieme temi diversi, che si illuminano uno con l'altro. Il primo è certamente Catania città magmatica e maledetta (e ne vedremo i motivi). Il secondo è la sessualità come dimensione corporea della libertà (un tema a ben vedere profondamente brancatiano).
L'idea originalissima di Trischitta è ripensare agli anni '70, creare il personaggio di un ragazzo gay con un talento artistico di cantante e performer, e farlo agire in un ambiente che non lo favorisce, anzi gli si rivela ostile, mentre contemporaneamente nella swinging London proprio i nuovi movimenti creativi e artistici avevano modo di svilupparsi.
Ecco quindi il parallelo con Mark Bolan e il glam rock, un mondo dove le cose belle, nuove, alternative succedono e sono vere; nella Catania maledetta le stesse cose muoiono e sono finte. Gerry è fratello spirituale di Bolan, ma in Italia Renato Zero diluirà la sua carica innovativa in un sentimentalismo malinconico.
Invece, di Marc Bolan è importante andarsi a vedere le clip su youtube: per capire che cos'era il suo estro creativo e la sua arte di performer. Perché questo sta alla base dell'intuizione di Trischitta: l'idea di una città musicale e pop – idea già presente in Una raggiante Catania. Bolan fu un artista che seppe esprimere con nitidezza una carica vitale, sessuale, colorata, sfolgorante. Le stesse cose che un catanese di genio come Gerry Garozzo sente di poter esprimere, perché consuonano con il suo sentire isolano fatto di pathos, di colori, di eccesso. Ma Gerry è destinato alla sconfitta più desolante: perché invece di fare glam rock finisce per essere incastrato nelle Mina-Vanoni-Pravo dell'immaginario gay; perché a Catania a essere eccentrici si era insultati per strada; perché a Catania durante il fascismo gli omosessuali venivano mandati al confino; perché a Catania il sesso aveva il suo ghetto degradato in via delle Finanze, e questo solo sarebbe stato lo spazio destinato a Gerry. E poi perché a Catania si moriva per strada. Perché a Catania il potere era criminale...
Ma Trischitta ci dice anche un'altra cosa: la Glam City che è stata Catania poteva essere terra di felicità e creatività. Gerry Garozzo vuole persino fare la “rivoluzione”, e la assapora negli anni del glam: la libertà di attraversare in tacchi alti, vestiti appariscenti e trucco androgino le strade “bene” di Catania; la libertà di cantare e di rappresentare la propria sessualità diversa; la libertà di amare. Rivoluzione era uscire dal ghetto e poter esprimere “nella società civile” la propria diversità.
E allora viene in mente un altro “rivoluzionario” che aleggia in questi giorni nelle sale cinematografiche, quel giovane favoloso di Mario Martone che anela a una rivoluzione del sentire, una rivoluzione del pensiero, uno spazio per il pensiero non conforme.
Dovremmo dunque concludere che in Italia gli esiti delle rivoluzioni sono solo sconfitte e impossibilità? Non è proprio così. Proprio il “cuore infartuato” che è San Berillo per Catania, questo luogo totale di sradicamento, di spossessamento, sta a significare che solo nella marginalità persiste il senso delle cose. E a recuperare il senso delle cose serve che la letteratura racconti e faccia capire questa marginalità, queste storie diverse, per rompere il silenzio o (che è lo stesso) il frastuono del conformismo.
Lorenzo Perrona

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