venerdì 26 aprile 2019

Paganini Rockstar ovvero lo scandalo del gesto artistico


Paganini Rockstar a Palazzo Ducale di Genova è una mostra decisamente originale e incisiva, perché legge il musicista romantico e il suo virtuosismo trascendentale come il prototipo di quelle che nel XX secolo saranno le rockstar. Paganini, dunque, visto in parallelo con la figura di musicista più iconica del secolo scorso, quella di Jimi Hendrix. Entrambi strumentisti virtuosi, innovatori nella tecnica, carismatici nella performance, applauditi da un pubblico mondiale e percepiti, più a torto che a ragione, come artisti soffusi di bagliori infernali.
La mostra, curata da Roberto Grisley, Raffaele Mellace e Ivano Fossati, si sviluppa in una serie di stanze multimediali con installazioni tematiche, mega-schermi e proiezioni che presentano sia i preziosi cimeli (il violino, la chitarra, gli autografi, i ritratti ecc.) che le testimonianze di personalità artistiche contemporanee, come Salvatore Accardo, Morgan, Gianna Nannini, Ivano Fossati; inoltre Roberto Bolle danza un'improvvisazione su un Capriccio.
Il tutto illustra sia l'aspetto strettamente musicale (il Paganini autore), che le modalità performative da lui per primo messe in atto, il fenomeno trans-culturale e di costume che rivoluzionò il rapporto fra musicista e pubblico. E diede uno scossone al mondo musicale italiano, come ha sottolineato il musicologo Roberto Grisley nel suo contributo all'ideazione della mostra.
Nuovi spunti di lettura, ma in continuità con la critica più avvertita. Un altro biografo paganiniano, Edward Neill, genovese d'adozione e collaboratore del Terzo Canale Rai e della Radio Svizzera Italiana, negli anni '70 aveva chiara la modernità di Paganini: “l'atteggiamento di Paganini costituì sempre un'aperta sfida al conformismo allora imperante”. Un anticonformismo dell'artista che si infiamma nel momento della performance. L'anti-accademismo trionfa con Paganini, aprendo la strada alla dimensione fisica e quasi sciamanica che l'artista esibisce al pubblico, a costo di uno stress che ne compromette l'equilibrio psico-fisico e la stessa salute (scriveva Paganini: “L'elettricismo che provo nel trattare la magica armonia mi nuoce orribilmente”). Osservava ancora Neill che “lo strumento diventa parte integrante dell'esecutore, cioè che ne rappresenta un prolungamento, una longa manus fisicamente attaccata al corpo e alla sensibilità del violinista”. La simbiosi con lo strumento è una possibile spiegazione del gesto iconoclasta per antonomasia, inserito nella mostra, quello di Jimi Hendrix che dà fuoco e manda in pezzi lo strumento feticcio da distruggere per troppo amore.
Paganini Rockstar indica al visitatore lo scandalo del gesto artistico portatore di significati inauditi, a cui il “pubblico” deve assistere con consapevolezza. “Chi basava il proprio giudizio sulla mancanza di umorismo e di anti-conformismo, non poteva che restare scandalizzato da certe dimostrazioni di Paganini. Nei suoi esordi egli era stato criticato per avere imitato versi di animali in pubbliche esibizioni”. Le osservazioni di Neill su Paganini coglievano il momento creativo anche nella dimensione eccentrica, inaspettata, pop, indecorosa della rockstar. Ma lo stesso Neill, raffinato musicologo, con studio in un nobile palazzo dei carruggi della vecchia Genova (uno studio stracolmo di libri, dischi, nastri magnetici e spartiti, nonché delle apparecchiature necessarie all'ascolto), conosceva bene l'eccentricità e l'anticonformismo nella sua dimensione più creativa quando cinquant'anni fa raccoglieva sul campo la musica popolare e i trallaleri nelle osterie genovesi, o il canto degli uccelli, o la musica dei carrillon.

"Corriere del Ticino"
19-1-2019.

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