lunedì 31 ottobre 2016

Ancora su Vandana Shiva a Noto

Il mio intervento precedente, in cui stigmatizzo il fatto che spesso le modalità organizzative degli eventi culturali non sono adeguate, non è stato dettato tanto da manie efficientiste (organizzate meglio i convegni!), quanto dalla necessità di denunciare quello che succede tutte le volte che vengono organizzati eventi culturali. O meglio, si tratta di decodificare le intenzioni, spesso non espresse, implicite, che sono attive tutte le volte che le istituzioni pianificano la politica culturale

Viviamo tempi in cui, siccome "la cultura non si mangia", o la cultura viene semplicemente cancellata, abolita (anche dalle scuole impoverite nella routine; meglio andare in azienda!), oppure non si ha scrupolo di utilizzare qualsiasi forma culturale per altri fini (politici, di prestigio, di opportunismo, perché c'è lo sponsor).

Le idee e le pratiche di Vandana Shiva (che condivido) sono osteggiate dall'establishment. Fra le persone che hanno premiato a Noto Vandana Shiva era tangibile una forte riserva mentale sul suo radicalismo. Ma allora perché premiarla? Perché noi siamo democratici? Perché siamo persone colte che sanno come va il mondo? Perché dopo Alberto di Monaco a Noto non ci facciamo mancare un altro vip? La risposta vera è che ufficializzare il personaggio è un modo di metabolizzare il radicalismo delle sue idee, cancellare la differenza, unificare e controllare.

Ma queste pratiche di politica culturale hanno il fiato corto. Perché le idee chiare e innovative sono più forti e libere, non lasciano che il potere se ne appropri, e i giovani queste idee le hanno capite. E quando la vip ha spessore intellettuale e umano come Vandana Shiva, riesce persino, nonostante tutto, a lanciare una sfida: voi che mi premiate e avete il potere di farlo, leggete il mio libro e da domani cominciate a progettare in modo diverso, con i giovani, il futuro del vostro territorio.

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