sabato 8 ottobre 2016

Peggy Guggenheim, mecenate donna


La mostra biografica a Palazzo Ducale di Genova, Peggy Guggenheim. La valigia dell’arte a cura di Alberto Rizzerio e Danièle Sulewic, ha il vantaggio, rispetto alla quasi concomitante grande mostra fiorentina a Palazzo Strozzi, Da Kandinsky a Pollock. La grande arte dei Guggenheim, di osservare nel suo specifico la figura di Peggy Guggenheim, per cominciare forse ad interpretarla nel segno di una differenza.
Al di là della figura di donna che borghesemente e scandalosamente "visse d'arte e di amori", come l'ha definita Alessandra Mammì parlando della mostra fiorentina, emerge la figura di una donna, indubbiamente privilegiata, capace di fare scelte non scontate, scelte fortemente avversate dalla mentalità e dall'ideologia della sua famiglia e del ceto sociale a cui apparteneva, il grande capitalismo americano. A partire dalla decisione di lavorare. Lei ricca ereditiera ventenne fa l'impiegata in una libreria d'avanguardia di New York, con l'unico scopo di conoscere il mondo degli scrittori e degli artisti, le loro idee, la loro vita. E suscita il primo scandalo. Trasferitasi a Parigi, nella Parigi del 1920, dove sono in piena attività artisti come Man Ray e Marcel Duchamp, Peggy continua ad agire secondo una logica diversa rispetto a quella della sua classe sociale: entra a far parte del gruppo artistico e intellettuale di punta del suo tempo e usa la sua ricchezza per produrre arte, favorire gli artisti acquistandone le opere e persino stipendiandone alcuni (come farà ancora più tardi con Jackson Pollock). Negli anni del nazismo, lei ebrea sostiene l'arte degenerata. Djuna Barnes, Samuel Beckett, Constantin Brancusi, Jean Cocteau, André Breton, James Joyce, questi e tanti altri i suoi amici e consiglieri. La Guggenheim Jeune a Londra nel 1938, la The Art of This Century Gallery a New York nel 1942, il Padiglione greco alla Biennale di Venezia nel 1948, le maggiori tappe del suo percorso di collezionista e gallerista.
Nel 1949 da Luisa Casati (nobildonna che anch'essa legò la sua vita all'arte, pur se in modo autodistruttivo) acquista Ca' Venier dei Leoni a Venezia. Il settecentesco palazzo, non finito e fatto del solo piano terra, affacciato sul Canal Grande e con un ampio giardino, diventa la sua casa e, a partire dal 1951, la sua collezione comincia ad essere aperta annualmente al pubblico durante i mesi estivi.
"Generosità" hanno definito i curatori della mostra di Palazzo Ducale quella di Peggy Guggenheim. Ma forse siamo di fronte a qualcosa di più, qualcosa di meno moralistico. Dare vita, questo atto tipicamente femminile, avviene con la Guggenheim secondo una logica non patriarcale, usando la ricchezza in modo "improduttivo", cioè senza curarsi del profitto calcolato, che è l'essenza del capitalismo.
Il mecenatismo classico produceva prestigio sociale, quello di Peggy sembra produrre prima di tutto il benessere della mecenate. Ma questo squisito e lussuoso disinteresse economico ha creato vita culturale. Ha messo in rapporto Parigi, Londra, New York, Venezia; ha lasciato una casa-museo che è la più significativa collezione privata di arte del modernismo. Nasceva da un'intenzione al servizio dell'arte ed ha prodotto una nuova visione delle cose che appartiene a tutta l'umanità.


Lorenzo Perrona
"La Sicilia", 12-9-2016


PEGGY GUGGENHEIM, LA VALIGIA DELL'ARTE
UN RACCONTO PER IMMAGINI
a cura di Alberto Rizzerio e Danièle Sulewic
organizzata dal Centro culturale Primo Levi 
e da Genova Palazzo Ducale – Fondazione per la cultura
con il contributo della Regione Liguria


7 luglio – 18 settembre 2016
Loggia degli Abati – Palazzo Ducale, Genova

Foto. Peggy Guggenheim sulla terrazza di Ca' Venier dei Leoni, Venezia, primi anni Cinquanta @ Fondazione Solomon R. Guggenheim, foto archivio CameraphotoEpoche, donazione Cassa di Risparmio di Venezia, 2005

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